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Una società inclusiva?

La Giornata Internazionale per la tutela dei diritti delle persone con disabilità ci invita a riflettere su un principio fondamentale: una società veramente inclusiva non lascia indietro nessuno. Non è la persona a dover cercare accoglienza, ma la comunità a doversi strutturare per essere accogliente. Questa differenza, apparentemente sottile, è in realtà profonda. In un mondo ideale, le strutture, gli strumenti e le competenze necessarie per garantire pari opportunità dovrebbero essere parte integrante del tessuto sociale, non qualcosa da richiedere o rivendicare. In un mondo ideale. Ma i dati della Commissione Europea ci raccontano una realtà diversa: il 28,4% delle persone con disabilità è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 17,8% delle persone senza disabilità. Anche il lavoro, che dovrebbe rappresentare uno strumento di emancipazione, non sempre riesce a spezzare questo circolo vizioso. Solo la metà delle persone con disabilità trova un impiego, rispetto al 75% della popolazione generale. Secondo i dati di Eurostat, solo una minoranza delle persone con necessità di sostegno intensivo partecipa a programmi di formazione o attività strutturate. Per molti di loro, il diritto all’inclusione sociale passa attraverso centri diurni, programmi di assistenza personalizzata e attività ricreative che favoriscono l’interazione con la comunità. L’inclusione di queste persone non può essere misurata solo in termini economici. È necessario riconoscere il loro diritto alla partecipazione sociale, al tempo libero e alla costruzione di relazioni significative. Progetti come i “Laboratori di Vita” o le iniziative di co-housing dimostrano che è possibile creare contesti dove queste persone possano esprimersi e sentirsi parte di una comunità. È quello che giorno per giorno dimostriamo si possa fare presso il nostro Centro: con una equipe altamente specializzata, la collaborazione delle famiglie e il supporto delle istituzioni, anche le persone con bisogno di sostegno intensivo possono condurre una vita “piena”, ricca di attività e di relazioni sociali. Perché l’inclusione non è una scelta, è un diritto.